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Posts Tagged ‘informazione’

qualcuno si è accorto dell’esplosione? qualcuno si è forse svegliato con un certo mal di testa? qualcuno ha realizzato la moltiplicazione dei punti di vista, peraltro alternativi? qualcuno ha forse da ridire sulla proliferazione dei posti di (non)lavoro in ambito giornalistico? qualcuno ha starnutito, nel mezzo del mercato dell’informazione-supposta-libera? qualcuno ha forse mosso un dito, davvero, contro l’idea del mercato? qualcuno ha forse compreso la differenza tra berlusconismo (prodotto materiale, finito, a termine) e mercato (fenomeno immateriale, potenzialmente infinito)? qualcuno fa forse il tifo per la grecia? qualcuno si è forse posto l’autismo come soluzione finale? qualcuno si è posto il problema se – alla quantità – non stiamo rispondendo, ancora, con la quantità? qualcuno sa forse cos’è un remington?

io parlo. tu non rispondere. ma metti il titolo, qui, e aggiusta l’etichetta.

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“Inutile criticare l’informazione se facciamo noi stessi informazione in questo modo” mi scriveva – giustamente – enpi questa mattina, per mettermi a parte della discussione nata tra i commenti di questo post. E per segnalarmi alcune imprecisioni presenti nell’articolo de Il Messaggero da me riportato su MRT, messe in evidenza – in un caso anche non troppo gentilmente – da due lettori.

Passando oltre i modi, che dovrebbero comunque rimanere sempre urbani, soprattutto quando si è ospitati in spazi altrui, penso di dover ribadire, e non è superfluo, che la mia è stata una citazione. Come tale – da giornalista – priva di responsabilità in pratica, ma – lo ammetto – non in teoria. Una citazione, però, converrete, non può essere corretta o modificata!

A questo punto la soluzione è semplice: ringraziando chi in toni civili ci ha fatto notare la svista, specifichiamo che Marco Ahmetovic non è, come erroneamente riportato su Il Messaggero (fonte per altro spesso e volentieri attendibilissima) e su molte altre testate di rilevanza nazionale, un cittadino rumeno, nè ha origini rumene, ma a quanto ci risulta sarebbe un cittadino italiano di origine bosniaca. Sicuramente, di origini Rom. Che come non tutti sanno ancora, è diverso da rumeno.

Inutile dire che per arrivare a una conclusione del genere, senza incorrere in ulteriori abbagli ho dovuto faticare parecchio: attraverso la rete vi sarà difficile reperire l’informazione di cui sopra, visto che ancora oggi, quasi tutte le testate giornalistiche online parlano di Ahmetovic come “rom” o “rumeno”. Lo scrupolo però rimaneva, e in assenza di fonti internet da postare, ho contattato l’Ambasciata Romena in Italia, dalla quale mi hanno fatto sapere che il soggetto in questione – effettivamente – non ha origini romene. Forse in Romania non ci è mai nemmeno andato un giorno in vacanza. Il condizionale in grassetto di qualche riga fa è dovuto al fatto che l’Ambasciata Bosniaca è stata più difficile da contattare, quindi non potendo contare su fonti certe e attendibili nemmeno in questo caso, per adesso rettifichiamo con le precisazioni dei lettori e comunichiamo con sicurezza quello che sicuramente Ahmetovic non è.

Mi sono fidato dei giornali, e dei telegiornali, e di internet: ho fatto male. Una lezione in più sulla quale riflettere e alla quale spero faccia seguito una pacata discussione, mi piacerebbe davvero.

L’indignazione, ad ogni modo, resta.

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Riporto la brillante riflessione del bravo Professor Stefano Epifani, letta su ePolis di questa mattina: la demonizzazione di Internet attuata dal sistema dell’informazione “mainstream” non mi era mai sembrata cosi amara e paradossale… Ma è allo stesso tempo la prima volta che ne riesco a sorridere (a mezza bocca).

Pochi sanno che quando, agli inizi dell’800, le prime automobili arrivarono in Inghilterra, vi fu una vera e propria rivolta. (altro…)

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ROMA. Capitano quelle sere paradossali. Cioè, epocali.

Quelle sere in cui tutto quello che conosciamo, per come lo conosciamo, sembra sia arrivato al capolinea. Che stia finendo per ricominciare stravolto, rivoluzionato. Quelle sere in cui succede qualcosa che – lo senti – farà cambiare un pezzo di mondo, se non proprio tutto. Scorci di storia.

E se queste sere non le vivi sul posto, perchè sei uno della periferia, e le cose grosse succedono solo a Roma, al massimo a Milano va’, almeno le percepisci e le sperimenti (a te pare) grazie alla televisione, la radio, il computer, il telefonino. La rivoluzione negli elettrodomestici. La due cavalli è roba vecchia. Figa, ma vecchia.

E quando la vivi in questo modo, e senti: Roma/Parigi/altra città grossa messa a ferro e fuoco! credi che sia davvero così che stanno andando le cose, anzi forse molto peggio, chè si sa che alla tele non dicono tutto quello che succede per motivi di sicurezza o perchè le cose manco le sanno poi così bene, oh diciamocelo, chi avrebbe il coraggio di rischiare la vita in mezzo al ferro, e al fuoco (una mezza riflessione che fai, ma su cui non ti soffermi ed è un peccato, perchè gli sprechi d’intuito sono imperdonabili).

Vedi i bagliori del ferro, senti il calore del fuoco. Pericoloso, ma così rassicurante. Vagheggi, fantastichi, ti sembra di leggere i titoli delle prime pagine del giorno dopo. Pensi davvero che Roma, tutta Roma, sia in preda alla guerriglia, alla follia delle scene fotocopia che sapresti riprodurre senza copione.  Ed è un’idea che rischia di portarsi in dote un piacere sottile: quello di sentirsi in fondo parte di qualcosa, da raccontare ai nipotini, ma – grazie al cielo – senta stare lì in mezzo a prendersi le botte. Tanto meno il ferro o il fuoco.

Ricacci indietro questo pensiero, mentre apparecchi la tavola, restando comunque sulle spine. Anche perchè c’è il caso che ti preoccupi seriamente per la gente che ci vive lì, dove stasera, al posto dei monumenti e delle cartoline e dei palazzi e dei souvenir c’è il ferro, e il fuoco!

Non pensi che in una città enorme, davvero non sai quanto, anche tutto il ferro e il fuoco di una sera non bastino a cambiare le cose. Ma neanche un po’. Non rifletti sul fatto che in uno spazio cosi vasto, e caotico, pure l’urlo di centinaia di migliaia di persone a malapena ce la fa a superare il fiume. Sei preoccupato, cazzo, certo che non ci pensi. Temi per chi ami, sotto al ferro, in mezzo al fuoco. Non sai che una guerriglia urbana che stravolge i palinsesti, fa indignare i politici e sgomenta i genitori, spesso fa più rumore da te, negli echi da pianerottolo di palazzo di cittadina di periferia di Sud Italia,  che dove la guerriglia c’è davvero. Dove si stanno ammazzando nel-vero-senso-della-parola, eh!

Non immagini che, durante la guerriglia, ci siano parecchi concittadini dei guerriglieri, intenti a difendersi dalle tentazioni di un happy hour. Distratti (cinici?) luogotenenti della superificie. Presidiano gli aperitivi e assaltano gli stuzzichini. E della guerriglia nel quartiere affianco ne sanno meno di te.

Che non vivrai a Roma, certo, ma sei uno che si informa! 

O non sospetti che, magari, nella città grossa, c’è un provinciale come te. In mezzo al ferro e al fuoco. Che tutto quello che riesce a fare è chiedersi in continuazione: ma perchè?

Che gente, questi provinciali!

Non avevo sbagliato all’inizio. Volevo dire paradossali.

Ciao Gabbo!

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